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Il mito dell'artista maledetto dovrebbe fermarsi e sgretolarsi davanti alla sofferenza, quella vera. Il carattere voyeuristico del maledettismo sta nell'anteporre la sofferenza all'arte, l'illusione che il dolore (degli altri) produca piacere artistico (il nostro, comodamente al sicuro). Le biografie del jazz sono piene di artisti maledetti, da Bix Beiderbecke in poi, e hanno alimentato una letteratura morbosa che non di rado ha oscurato il valore della musica, spiegandola come risultato del malessere. Niente di più falso: chi sta male suona male, o non suona affatto. Fare musica mette in gioco una tale complessità di operazioni mentali e fisiche da richiedere un discreto controllo di sé. Quando la vita di Luca Flores è terminata in modo tragico, a qualcuno non è parso vero che anche il piccolo mondo del jazz italiano avesse il suo eroe romantico: grande musicista tormentato dai suoi demoni. Così si sono rinfocolati i peggiori cliché o, nei casi migliori, gli stereotipi più banali, senza che mai venisse fatta giustizia alla musica del pianista. Questo libro va nella direzione opposta.